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Intervista a Luisa Valazza: Cucina Stellata e Creatività al Femminile – Parte 2

Intervista a Luisa Valazza, Chef Stellata Ristorante Hotel Al Sorriso

Proseguono le nostre interviste con donne a guida della cucina, per dar voce al lato femminile della creatività culinaria. Oggi la seconda parte dell’incontro con Luisa Valazza, chef del Ristorante Hotel Al Sorriso.

Entriamo in cucina, parlando di organizzazione del lavoro, relazione con la brigata, estro applicato alla creazione di Piatti e Menù.

Razionalità e Passione

Luisa Valazza ci ha concesso una lunga intervista, sincera, intima e specchio di un grande desiderio di condivisione e di trasparenza.

Ingrediente principale? L’amore per il lavoro e il rispetto per il cliente e i collaboratori.

Nella prima parte del nostro incontro ci ha raccontato la sua storia, l’incontro con Angelo Valazza, suo marito e maestro di sala, e il passaggio dall’accoglienza alla cucina. Ha iniziato a svelarci la sua sua filosofia e il profondo legame con il territorio, non tanto con la tradizione, ma con il prodotto e con la terra. E poi siamo arrivati al dunque: il suo approccio femminile alla creazione e la sua visione del mondo del food, da donna chef:

Al Sorriso. La Cucina di Luisa e Angelo Valazza

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Riprendiamo proprio dalla sua analisi del lavoro femminile in cucina.

Intervista

Riprendiamo dalle diverse visioni di lavoro, cercando di raccontare vette e abissi di una giornata tipo. Ergo come la predisposizione femminile può aiutare nell’organizzazione del flusso di lavoro?

Luisa Valazza: Io posso parlare per me senza estendere a un genere specifico: il mio stile è l’ottimizzazione.

Le donne chef della mia generazione avevano dietro una famiglia, marito, figli. Quindi dovevo gestire famiglia, il lavoro della cucina e tutto il resto! Guardi me, Valeria Piccini, del ristorante Da Caino di Montemerano, Nadia Santini del Ristorante Dal Pescatore e anche altre colleghe, tutte con figli alcune ora con i nipotini.

Dovevamo fare il nostro lavoro al meglio e non dimenticare il resto: diciamo, gestire un doppio stress. La mia organizzazione è diventata super, per necessità. Devo fare l’elenco di tutto quanto l’occorrente al mattino e non dimenticare nulla, ottimizzare ogni minuto.

Le faccio alcuni esempi: se devo entrare in cella, cerco di individuare tutto l’occorrente e fare un solo giro, risparmiando anche pochi minuti essenziali. E ancora, se faccio un lavoro con i pomodori, svolgo tutti i servizi che mi occorrono con questo prodotto, anche se per piatti diversi. Risparmiare minuti e non fare giri a vuoto: questa la mia prima regola di lavoro in cucina.

Secondo punto essenziale: ordine assoluto in cucina. Il tuo piano lavoro appena usato dev’essere pulito. Il collega o il collaboratore che arriva dopo te deve trovare tutto a posto: curare questi aspetti nella relazione ci aiuta a lavorare bene e, nel rispetto reciproco, a ottimizzare il flusso del lavoro.

Che bellezza, mi sembrava di sentire Colette Tatou che spiega ad Alfredo Linguini come si lavora in cucina, ma con una serenità e riflessività maggiori. Veniamo a un altro aspetto delicato: relazione cucina/sala. Esistono veramente competizioni e frizioni? Ci racconta la sua esperienza, visto che Angelo Valazza, suo marito, è il leggendario maestro di ricevimento del ristorante.

LV: Bene, qui le faccio un esempio con un piatto che rende tutto di facile comprensione: il rapporto sala-cucina deve considerare i tempi della cucina. È un po’ come il risotto: il cliente deve aspettare il risotto, non può essere il risotto che aspetta il cliente!

Ai fornelli occorre considerare i tempi di preparazione del piatto, quindi è indispensabile una complementarità tra sala e cucina: la prima deve sapere che la seconda ha tempi di cottura e impiattamento da rispettare. Tra un piatto e l’altro possono esserci delle attese. Compito della sala è intrattenere il cliente, esercitando l’arte del servizio e seguirlo affinché si renda piacevole l’attesa, anche intuendo un piccolo possibile ritardo della cucina.

La parola d’ordine è collaborazione. Occorre affinità tra le due squadre, ma la sala deve possedere una grande intuizione, capire cosa succede, i tempi giusti e anche gestire le “emergenze”. Comprendere quando un piatto è pronto. In quello stesso istante deve prenderlo, servirlo e farlo nel modo giusto.

Chi è in sala deve conoscere perfettamente il piatto, la cucina e lo stile, interpretandolo e raccontandolo.

Le strade sono due: lo chef esce a raccontare il piatto, cosa impossibile se non in rare circostanze, per esempio a fine serata, quando c’è pochissima gente o un evento privato. Però lo chef quando prepara in piatto non può uscire, deve cucinare. Quindi entra in gioco la sapienza del maestro di sala e del suo staff.

La sala è importantissima e non è un’attività semplice. Ci va rispetto, empatia e anche una grande formazione: oggi è possibile trovare camerieri che non sanno portare un piatto e che non lo conoscono.

L’errore più grave? Dire: «Un attimo che chiedo in cucina. Non so, ora mi informo … »

È necessaria formazione e anche una grande cultura, che io vedo molto carente in questo periodo.

Gli ingredienti per lavorare bene in sala? Secondo me cultura, passione e amore per il proprio lavoro, perché il servizio è un’attività bellissima e importante.

Luisa, nonostante le critiche positive, gli elogi autorevoli, le stelle, lei è molto riservata e più a suo agio in cucina, a fare, a mostrare e a condividere,  piuttosto che dietro a macchine da presa televisive, sulle riviste patinate o sui magazine online. Vero o falso? Come vede la figura dello chef oggi, in quest’era di bombardamento mediatico e di divismo talvolta smodato?

LV: Io sono molto restia a mostrarmi in televisione e in copertina: è vero, ha ragione. Io faccio questo ragionamento: se vai in televisione tu devi essere disponibile per ore e ore per le loro esigenze produttive; anche quello è un lavoro e anche molto serio. Il tempo da dedicare a esempio a trasmissioni televisive dev’essere sottratto alla cucina, anche perché non puoi essere in due posti nello stesso istante, se hai il locale aperto. Un altro discorso se il tuo locale è chiuso, ovviamente, o nei momenti di chiusura.

Nel nostro caso, il ristorante è aperto e per me la cosa più importante è il rispetto del cliente, che magari fa molti chilometri per me, per incontrarmi, assaggiare i miei piatti e le mie proposte. I clienti vengono qui, pagano un servizio, un’esperienza e magari vogliono anche criticare i miei piatti, lo vogliono fare a quattr’occhi e devono trovarmi, penso che sia giusto così.

Se ho dei clienti che vengono da Parigi per assaggiare la mia cucina, dormire nella nostra struttura e magari conversare con me, che a sera chiedono: “Posso incontrare e conoscere lo chef?”, cosa possiamo rispondere?: “No, lo chef non c’è?” … allora chi ha cucinato!?

Io do la mia disponibilità sempre a interviste, a servizi fotografici, basta che io lo sappia con anticipo e io mi organizzo e mi dedico con attenzione al giornalista, ma non posso abbandonare cucina e clienti per giorni interi per registrare puntate televisive o reportage, per senso di onestà rispetto al cliente, non forma di sussiego. Prima ci sono gli ospiti e penso al mio lavoro.

Ricordiamoci che i clienti sono la miglior Guida del mondo. Se un cliente esce insoddisfatto da un’esperienza di pranzo dal mio locale, di sicuro non potrà fare una buona pubblicità: dirà ai suoi amici: “Non andate Al Sorriso”.

Io ho sempre le pentole in mano e amo tantissimo farlo.

Entriamo in cucina. Apprezzabili i Menù così dettagliati e trasparenti, con i prezzi e tutte le possibili scelte per l’avventore. Interessante anche Il Menù Business del vostro bistrot, per i pranzi veloci o i brunch di lavoro. Vuole condividere qualche segreto sulla loro creazione e sulla denominazione dei piatti? Belli anche i loro nomi semplici e diretti.

LV: Abbiamo semplicemente ascoltato il nostro ospite. I menù seguono molto le stagioni, perché i prodotti vanno usati nel loro momento migliore dando il massimo di profumazione, gusto e proprietà organolettiche.

Agnolotti Verdi al Battelmatt - Luisa Valazza

Agnolotti Verdi di Formaggio Bettelmatt, Foglie di Pianta del Pepe.

Ho sempre considerato che i prodotti stagionali si abbinano bene tra loro: se in una stagione ci sono i cavolfiori, le noci, le castagne, il topinanbur, sono di sicuro compatibili e si sposano bene. Accostare un pomodoro del mese di luglio con un topinanbur del mese di novembre, anche se magari è un accoppiata valida e vincente, non mi piace molto. Questa è la mia idea: seguire le stagionalità e la compatibilità dei prodotti.

I nomi sono semplici e diretti, perché il cliente quando legge un Menù deve capire cosa va a scegliere. Se io scrivo il nome del piatto usando voli pindarici, l’avventore non capisce e potrebbe ricevere delusioni: si crea un’aspettativa ma può essere rischioso.

Voglio che il mio cliente rimanga stupito, perché scopre qualcosa in più rispetto a quanto pensato e immaginato, non qualcosa di diverso o che non corrisponde alle sue aspettative.

Continuiamo su questa linea. Impiattamento: quanto è importante per lei e quale la sua “firma” nella preparazione del piatto. Se dovessi trovare 2 costanti, io direi: compostezza visiva ed equilibrato uso dei colori. Cosa ne dice?

LV: Sì, ci sono questi elementi … ma aggiungerei una certa semplicità e anche un approccio descrittivo. C’è dietro un lavoro di ricerca dell’essenzialità: nel piatto c’è quello che ci deve essere, non una virgola di più, non una virgola di meno. Se ci fosse qualcosa in più potrebbe cambiare il gusto o l’equilibrio del piatto. Magari lo rovinerebbe!

Piatto del Fungo - Luisa Valazza

Il Piatto del Fungo, sintesi della mia filosofia di cucina.

Nel piatto sopra illustrato, ci sono gli elementi essenziali: il fungo, che è il prodotto principale della mia proposta culinaria, a sua volta esaltato da altri due ingredienti, il prezzemolo e l’aglio.

Altra mia regola: i colori devono essere essenziali e in linea con i prodotti. Coreograficamente, in ogni piatto ritroviamo essenzialità e centralità del prodotto.

In questo lavoro io metto tanto amore, anche per l’arte (vedi la prima parte dell’intervista nel post precedente, ndr): avrei voluto fare il liceo artistico. L’arte è per me nella ricerca della combinazione giusta di sapori tra gli ingredienti, ma anche l’accostamento giusto dei colori. La distribuzione e l’accostamento degli elementi, l’uso della luce sono elementi in comune con l’arte, non trova?

Per concludere, voglio ribadire che nel futuro voglio continuare a ricercare nuovi accostamenti ma le linee guida saranno la coerenza, ossia restare me stessa, l’attenzione per la stagionalità, l’amore per i prodotti della terra e soprattutto della mia terra.

Qualsiasi altro tipo di cucina mi incuriosisce e lo ritengo apprezzabile ma questa cucina deve avere in sé un equilibrio, una coerenza per l’appunto, altrimenti non lo trovo interessante.

Eccoci ai saluti e consigli finali ai suoi colleghi ristoratori e alla nuova generazione di donne chef. 

LV: Voglio rivolgermi alle nuove generazioni: siano essi uomini o donne, non ha importanza. Pensate alla cucina non come a una facile strada di successo, una scorciatoia per farvi notare, per la scalata, ma come a un potente strumento per soddisfare e far felici i vostri clienti.

Cucinare dev’essere accostato a un grande senso di responsabilità, per la salvaguardia del vostro territorio, dei prodotti della terra e dell’allevamento consapevole. Tutto il resto verrà dopo.

La cucina va fatta con passione e con amore, te la devi sentire … così si riesce a resistere nel tempo, altrimenti può diventare un fardello pesante o un fuoco fatuo.

Devo salutare tutti e ringraziarla e aggiungo che mi ha fatta parlare molto. Nella mia cucina c’è sempre molto silenzio: i ragazzi sono molto giovani, tra i 20 e i 30 anni, quasi come figli e li tratto come figli. Sgridandoli e premiandoli quando è il caso, ma capiscono con un sguardo cosa devono fare, perché io cerco un’intesa familiare nella brigata.

Non mi piacciono i comandi, le urla, gli strepiti, inutile dispendio di energia e modo per creare tensioni e un ambiente non armonico. Non va bene: gridare e far volare i piatti in cucina non è proprio nel mio stile; lo definirei piuttosto inutile, perché la cucina è un luogo e uno strumento di educazione e di formazione dei collaboratori più giovani, in buona sostanza di chi vive con te i momenti del lavoro e della creazione.

Non lasciamoci incantare da quello che insegnano certe trasmissione televisive, che rischiano comunque di essere poco educative. Non penso che modi eccessivamente bruschi e autoritari possano aiutare a formare i nuovi cuochi. Anche illudere che attraverso un passaggio televisivo si possa arrivare facilmente al successo, non ritengo sia funzionale all’obiettivo di formare lo chef di domani. Non è così facile diventare chef: è un percorso. La cosa importante in cucina è crearsi la propria identità.

Mi rivolgo ai giovani chef: fate esperienza in Italia, all’estero, ovunque e cercate la vostra unicità confrontandovi con l’esperienza degli altri. Non smettete di ricercare, mai!

PRESENTAZIONE LIBRO

Segui le evoluzioni del nostro nuovo libro, scritto con il collega Luca BoveIngredienti di Digital Marketing per la Ristorazione.

Save the Date: 18 Novembre 2015 alle ore 18:00
Feltrinelli – Torino, Piazza CNL

Conclusione

Ringraziamo Luisa per aver inaugurato questa serie di incontri, apprezzata da lettori e colleghi, che si prospetta veramente intrigante. In arrivo chef con stella, chef citate nella nuova Guida Identità Golose 2016 e altre donne fantastiche con progetti gastronomici rivoluzionari.

Vuoi porre qualche domanda a Luisa Valazza? Vuoi candidarti per un’intervista in puro stile #GirlPower? Lascia un commento: è il modo più rapido.

Le interviste di CnR

a cura di

Per la rubrica Ricetta del Successo

Nicoletta Polliotto

Chef di Cucina per Muse Comunicazione®, Web Media Agency specializzata in analisi, pianificazione e realizzazione di progetti di promozione on-line per il Food&Wine, il Turismo e le PMI.

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