Ristorazione Veloce di Qualità e Profitto in Hotel
Venerdì, è tempo della rubrica RistoHotel, spazio ricco di spunti e idee per sviluppare, ottimizzare, rilanciare, valorizzare il Ristorante del tuo Hotel.
Continuiamo con le chiacchierate a operatori e consulenti del settore Ristorazione e Hotellerie. Oggi incontriamo il dott. Giulio Polimeni, ideatore e co-owner di EatArte.
Milano–New York Andata e Ritorno
Giulio Polimeni è socio e direttore commerciale di EatArte, azienda alimentare con sede in Abruzzo specializzata nella produzione di piatti pronti.
Laureato alla Bocconi, si sposta in USA per seguire e conseguire un Master in Economia alla New York University. Un “viaggio” lungo 20 anni, trascorsi negli Stati Uniti fornendo consulenza ad aziende italiane interessate al mercato americano. Tre anni fa, controcorrente in quest’era di fuga di cervelli—e di imprenditori—fuori dall’Italia, folgorato da un’idea, fa ritorno in patria: vuole coniugare praticità e Lean Marketing con la tradizione del buon cibo e la qualità della cucina italiana.
Esperto di marketing internazionale, idea EatArte, progetto innovativo di ristorazione veloce, seguendone la direzione strategica. Lo abbiamo scoperto seguendo un suo intervento al WHR, Web Hotel Revenue di Roma e, con qualche mail e un po’ di telefonate, siamo riusciti a confrontarci costruttivamente con lui.
Buongiorno Giulio e grazie per il tempo che ci stai dedicando. Intanto soddisfiamo una curiosità che penso di condividere con i miei lettori. Come è stato il passaggio da un contesto professionale come quello statunitense al mercato nostrano, soprattutto in un periodo di contrazione economica e di instabilità amministrativa del Paese?
GP: Ragionevolmente brusco. Fare impresa in Italia è piú difficile di quanto lo sia negli USA, sotto ogni punto di vista. Tuttavia ero preparato. Primo perché negli USA la mia attività consulenziale era rivolta in buona parte ad aziende italiane, secondo perché negli USA non è poi tutto oro quello che luccica…
Ci racconti la tua storia, anche se ho accennato alla biografia nella mia presentazione? Mi pare di intendere che il tuo campo d’azione sia stato il Food anche quando operavi come consulente negli States?
GP: Dopo essermi laureato e aver successivamente lavorato in Bocconi, negli Stati Uniti conseguo un Master in Economia Internazionale presso la New York University. Studio le aree integrate di libero scambio e Sole 24 Ore pubblica un mio libro sul NAFTA. Sfrutto quel po’ di notorietà goduta nella presentazione del libro, per aprire a New York una società di consulenza che si occupa principalmente di accompagnare piccole-medie imprese nei loro sforzi di penetrazione commerciale all’interno del mercato nordamericano.
I miei clienti erano in genere aziende in grado di proporre qualcosa di interessante e di originale sul mercato nordamericano, ma soprattutto guidate da un management di ampie vedute, disposto a seguirmi sul terreno dello sviluppo di strategie commerciali un tantino innovative rispetto alla ricerca di un semplice importatore. Quindi Food ma non solo: tutti i settori del cosiddetto Made in Italy!
Quando nasce EatArte? E’ la causa del tuo ritorno in Italia? E qual è la filosofia sottesa al tuo progetto?
GP: EatArte nasce 3 anni e mezzo fa ed è il frutto di un’alchimia fra mente e cuore. Da un lato i dati in mio possesso mi suggerivano che la ristorazione veloce avrebbe rappresentato un settore dalle incredibili potenzialità di crescita anche, e soprattutto, in tempi di crisi economica, per tutta una serie di ragioni—demografiche, socio-economiche, legate all’evoluzione degli stili di vita e delle abitudini alimentari. Dall’altro era da tempo che meditavo il salto dal ruolo di consulente a quello di imprenditore e quando mi si è presentata l’occasione l’ho afferrata al volo.
La filosofia che ha ispirato il progetto è quella di trasformare un piatto pronto da una commodity ad un qualcosa di unico nel suo genere. La qualità sta ovviamente alla base di tutto: e qui la scelta quasi ossessiva di ingredienti selezionati, in larga parte regionali, e l’utilizzo di tecniche di produzione semi-artigianali ci ha permesso di raggiungere livelli davvero molto alti.
Grande attenzione è stata però prestata ad altre componenti del marketing: comunicazione, packaging, sviluppo di nuove linee—come, ad esempio, quella bio—individuazione di segmenti di mercato non tradizionali, combinazione prodotto/servizio. La decisione di lavorare con gli hotel racchiude un po’ tutti questi elementi.
Sentendoti parlare di EatArte e, confesso, avendo assaggiato i vostri prodotti in uno dei miei soggiorni all‘Hotel Capannelle di Roma, individuo la ricerca di un connubio tra Fast Food—nella logica dell’ottimizzazione del lavoro—e Slow Taste—nella ricerca del buon gusto anche nel piatto pronto. Sono lontana dalla vostra Vision?
GP: Direi di no. Il binomio praticità/qualità è alla base del nostro modello di business. Il mercato esprime un’esigenza di rapidità nei tempi di preparazione e, al tempo stesso, un desiderio di riprodurre l’esperienza del ristorante in altri luoghi di consumo (casa, bar, ufficio, mezzi di trasporto ecc.). E il nostro prodotto è in grado di soddisfare entrambi questi bisogni.
L’ottica dei vostri progetti è funzionale alle strategie degli albergatori con Ristorante? Se sì, perché?
GP: Per la stragrande maggioranza delle strutture alberghiere, la ristorazione costituisce oggi un anello debole per il loro modello di business. Cambia la tipologia di domanda: i clienti sono diversi, non mangiano piú ad orari necessariamente predeterminati, la clientela d’affari ricorre di piú alla ristorazione interna ma pretende modalità e tempi di servizio flessibili, la ristorazione si apre anche ai clienti non alloggiati.
Tutto ciò impone un livello crescente di flessibilità nella gestione della strutture ristorative, che ha poi delle ripercussioni anche sulla gestione dei costi. L’esigenza di ottenere maggiore flessibilità moltiplica infatti le già ben note difficoltà a tenere sotto controllo le diverse voci di costo associate alla cucina: dall’approvviggionamento delle materie prime—per via degli enormi sprechi—ai costi del personale—per via della rigidità negli orari di lavoro—dall’utilizzo inefficiente degli spazi al rinnovo delle attrezzature. Ad esempio lavorando con i gruppi, la ristorazione può trasformarsi in un significativo centro di profitto, se gestita in maniera tale da sfruttare le economie di scala che questi pacchetti sono in grado di offrire.
Spesso sento dire, in giro per la penisola: “Non mangiare dove dormi, non prendere mai il caffè dove mangi…” Oggi in Italia, la situazione è realmente questa: la regina dei servizi alberghieri, il ristorante, è divenuta la Cenerentola per gestione, comunicazione e Customer Service?
GP: Come per tutti gli stereotipi, soprattutto quelli che hanno un fondamento di verità, mutare questa percezione sarà arduo e richiederà tempi lunghi. Non vi è il minimo dubbio che la ristorazione debba riconquistare una sua centralità sotto il profilo strategico ma anche sotto quello della riorganizzazione gestionale.
Quali sono le reali opportunità per la ristorazione alberghiera? E i pericoli dietro l’angolo? Quali i punti di forza che un ristorante all’interno di un hotel può cercare e individuare?
GP: Per individuare opportunità e punti di forza, occorre risalire alla causa che ha portato al declino della ristorazione alberghiera. Mentre in passato l’ospite era solito trascorrere piú giorni all’interno della struttura, optava spesso per una formula di pensione completa e preferiva il ristorante interno a quelli attorno all’albergo per via di un servizio migliore e un ambiente piú curato, con il passar del tempo la situazione si è completamente ribaltata. Al punto che, soprattutto a pranzo, le sale ristorante degli alberghi rimangono spesso, e malvolentieri, vuote.
Per porre rimedio a questo problema, a mio parere, bisognerebbe:
- garantire l’apertura e l’efficienza del servizio ristorante lungo l’arco dell’intera giornata
- migliorare la visibilità del ristorante non solo per la clientela interna, ma anche per attrarre clientela esterna
- destinare risorse alla promozione della ristorazione
- vendere il servizio di ristorazione a clienti che solitamente utilizzano solo il servizio alberghiero
Tutte azioni che possono risultare piú semplici optando per una esternalizzazione dei servizi di ristorazione… e qui entra in gioco EatArte.
Quindi in che modo il vostro prodotto può ottimizzare gestione, organizzazione del lavoro, pricing, nel ristorante di un Hotel?
GP: In modi diversi. Innanzitutto, come si diceva poc’anzi, la nostra opzione consente alla struttura di modulare l’organizzazione della cucina in funzione delle esigenze del servizio ristorante nell’arco delle 24 ore. Segnalerei anche la maggiore facilità di somministrazione dei pasti all’esterno della sala—camera, piscina, sala conferenze, spiaggia, etc.
Ci sono poi i notevoli risparmi conseguibili in termini di spazio, forza lavoro, costi delle materie prime, consumi energetici, spese burocratiche che si aggiungono ai vantaggi di una piú accurata programmazione dal lato dei costi: l’acquisto di un solo “output”—caratterizzato da un altissimo rapporto qualità/prezzo quale il nostro—al posto di diversi “input” consente alla struttura di calcolare e conoscere in anticipo buona parte della componente di costo associata alla ristorazione.
Last but not least: la possibilità offerta alla strutture ricettive di concentrarsi sul loro core business che, mi permetto di dire, rimane quello di vendere le camere e migliorare il servizio.
Fresco, surgelato, in una parola: Piatto pronto. A questo termine talvolta si dà un’accezione negativa, sottolineandone la qualità non eccellente. Come differisce il catalogo di prodotti EatArte?
GP: Altro stereotipo, anche questo dotato di un certo grado di fondatezza. In una galassia molto affollata quale quella dei piatti pronti va da sè che coesistano vari livelli di qualità, con anche molta roba scadente. ll nostro prodotto rappresenta il top in termini di qualità, il migliore rapporto qualità/prezzo, con l’uso di ingredienti di origine perlopiù regionale, vale a dire, abruzzesi.
So che da parecchio tempo avete iniziato una collaborazione con il Franco Grasso Revenue Team. Franco Laico è stato nostro ospite con una movimentata e appassionata intervista sempre su RistoHotel qualche settimana fa. In che misura la vostra linea potrebbe essere utilizzata dall’albergatore in ottica Revenue?
GP: Trattandosi di un team a cui non fa certo difetto una buona dose di vision, ci siamo subito sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. In chiave revenue, la nostra opzione consente alle strutture di conseguire molteplici vantaggi:
- azzeramento degli sprechi dovuti agli scarti in fase di preparazione, lavorazione e somministrazione
- riduzione degli investimenti per attrezzature e spazi da dedicare al servizio ristorazione
- diminuzione drastica della pressione sulla cucina grazie ad una migliore sincronizzazione con il flusso di attività della ristorazione
- ridotta professionalità richiesta al personale che si occupa della preparazione/trasformazione dei piatti, il che consente di trasformare in parte i costi del personale da spese fisse a costi variabili
- snellimento delle procedure legate ai piani di autocontrollo e di sicurezza
Abbiamo subito intravisto potenti sinergie da sviluppare insieme. Si è quindi passati all’applicazione della nostra soluzione in alcune strutture gestite direttamente da loro, per poi estendere la cosa ad altre strutture alle quali offrono i loro servizi di consulenza.
Ci racconti i tuoi prodotti? Cominciamo con 4 aggettivi che li connotano. E poi qualche informazione su prezzi, confezionamento e conservazione…
GP: Facciamo 5:
- gustosi
- pratici
- genuini
- economici
- senza aggiunta di conservanti
Per quanto riguarda la conservazione, disponiamo di una versione fresca in atmosfera modificata (si mantiene in frigo a 0-4 gradi fino a un massimo di 30 giorni, ed è rinvenibile al microonde in soli 90 secondi) e una versione surgelata (si mantiene nel congelatore a -18 gradi, dura fino a un anno e mezzo ed è rinvenibile al microonde in 4-5 minuti).
Per quanto riguarda il confezionamento, offriamo una scelta di vaschette monoporzione, teglie multiporzione, bicchieri take-away e salse in busta, e studiamo insieme a ciascuna struttura quale combinazione è ottimale in funzione delle specifiche esigenze. I prezzi dipendono da volumi e continuità del rapporto di fornitura: sono comunque sufficientemente contenuti da consentire enormi risparmi nella gestione delle attività di cucina.
Ah, dimenticavo: una cinquantina di referenze, fra primi e secondi, con la piú totale disponibilità da parte nostra a svilupparne di nuove su richiesta laddove ci siano dei volumi sufficienti.
In chiusura, ringraziandoti per il tempo dedicato e per la disponibilità e cortesia dimostrate, ti invito, come da tradizione, a lasciare qualche consiglio e qualche strategia che possa essere d’aiuto ai nostri lettori, in questi momenti complessi.
GP: Il consiglio che posso dare è che in tempi di crisi a ogni attività imprenditoriale è richiesto di aumentare la propria capacità di risposta alle violente mutazioni del contesto esterno, incrementando flessibilità e capacità di adattamento alle variazioni del mercato. Le strutture alberghiere non fanno certo eccezione e strategie di esternalizzazione di alcuni servizi—fra cui quello della ristorazione, lo dico ovviamente pro domo mea—rappresentano uno degli strumenti piú efficaci di razionalizzazione organizzativa.
Conclusione
Cosa ne pensi della rubrica dedicata al ristorante in albergo? Hai considerazione da fare in relazione al tuo servizio di ristorazione? Cosa ne pensi del progetto esposto dal Dott. Polimeni di EatArte?
Se vuoi commenta il post ed esponi dubbi e domande al nostro ospite e allo staff di Comunicazione nella Ristorazione.
Lavoro da circ vent’anni nella ristorazione commerciale e ciò che si legge nell’intervista è sicuramente frutto di un acuta analisi.L’intuizione e l’attività del Dott. Polimeni si consolida in un contesto di piena crisi economica e questo ne conferma in anticipo il successo. Le aziende pioniere, di prodotti di “V gamma”, cominciano ad avere anche se con lentezza una graduale visibilità commerciale, iniziando così a penetrare in un ostico mercato italiano ove la tradizione gastronomica regionale ed artigianale ha radici ben salde. Già da qualche anno sia la ristorazione collettiva che quella commerciale hanno iniziato a monitorare e testare svariati prodotti… Leggi il resto »