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Ghost, Cloud e Dark Kitchen: Modelli Distributivi Alternativi al Ristorante

Ghost, Cloud e Dark Kitchen: Modelli Distributivi Alternativi al Ristorante

La ristorazione italiana fa i conti con bisogni repentinamente rinnovati e mutevoli. Necessità di gestione (e distribuzione dei piatti) elastica, dovendo far convivere il classico servito al tavolo con delivery, take away e altre soluzioni alternative.

Dark, Ghost, Cloud Kitchen rappresentano nuovi modelli alternativi da approcciare sotto diversi aspetti, anche legali. Ne parliamo con → Alessandro Klun, esperto di diritto per la ristorazione.

Bio di Alessandro Klun

Alessandro Klun, bolognese, si laurea in giurisprudenza ed esercita per oltre un decennio la professione di avvocato.

Attualmente svolge attività legale presso un’azienda ed è autore di testi in materia di diritto della ristorazione. Cura l’interessantissimo profilo acenacondiritto, su Instagram.

Intervista

Abbiamo già intervistato l’avvocato Alessandro Klun trattando il tema del no-show. Anche oggi affrontiamo argomenti di natura normativa e giuridica utili al ristoratore nella quotidianità, con un pizzico di strategie per evolvere e crescere.

Come accennato, parliamo di nuovi modelli distributivi che si diffondono e consolidano, incontrando il favore del pubblico. Prepariamoci a soluzioni quali il food delivery, le dark kitchen, i ghost restaurant e altro ancora.

Buongiorno Alessandro e bentornato su CnR. In un periodo difficile come quello presente, dopo i vari lockdown, riaperture, green pass e altri provvedimenti volti a garantire la sicurezza degli ospiti, ritiene che andranno a imporsi format e modelli alternativi alla ristorazione tradizionale?

Le chiusure imposte dalla crisi sanitaria, alternate a parziali riaperture in cui la cucina era destinata al solo asporto e consegna a domicilio, hanno fatto sì che l’attenzione del settore somministrazione ai servizi di food delivery sia aumentata, favorendo l’affermazione, anche nel nostro paese, di format ristorativi “senza sala”.

Si tratta di spazi dedicati alla preparazione e assemblaggio di piatti diretti alla sola consegna, quindi senza somministrazione in loco.

Vengono definite cucine fantasma: virtual, cloud, ghost, dark kitchen… ossia una nuova modalità di fare ristorazione, per offrire un servizio alla clientela alternativo a quello tradizionale, pressoché azzerato durante la pandemia.

Prpponiamo delle simulazioni. Sono un ristorante con somministrazione, se voglio applicare nuove soluzioni quali il delivery e/o il take away, lo posso fare? Quali azioni devo compiere?

Al di là di ogni valutazione sull’opportunità o meno di attivare queste soluzioni, preme focalizzare l’attenzione sui riflessi organizzativi e di responsabilità che la loro eventuale adozione comporta.

Come ben sappiamo, mentre l’asporto o take away si realizza quando il cliente provvede a ritirare direttamente la merce presso la sede dell’esercizio o negozio, il delivery è un servizio che prevede la consegna dei piatti pronti presso il domicilio o altro luogo convenuto con il cliente, effettuata dall’imprenditore della ristorazione con mezzi e personale propri o tramite collaboratori esterni alla sua organizzazione, incaricati da lui stesso o da piattaforma online.

L’eventuale introduzione di tali servizi in un’attività già avviata non richiede, anche in base alle leggi regionali specifiche che disciplinano l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, alcuna autorizzazione o titolo aggiuntivo.

Fatto salvo il rispetto della normativa igienico sanitaria, di autocontrollo (HACCP), delle buone pratiche di lavorazione (GMP), di sicurezza alimentare e sul lavoro (da applicarsi agli addetti alle consegne), così come previsto dal D.lgs. n. 81 del 2008, art. 26. Ricordate l’integrazione con il corrispondente codice ATECO: 56.10.20 per il take away – codice ateco n. 56.10 “Ristorante e attività di ristorazione mobile” e il 52.29.22 (servizio logistico relativo a distribuzione merci) collegato al 53.20, relativo ai servizi di consegna a domicilio.

Parliamo invece di Ghost Restaurant. Se gestisco un brand di ristorazione servita e voglio svolgere anche una seconda attività dedicata solo al delivery, quali azioni devo compiere e come organizzarmi?

Ghost e, come vedremo, dark kitchen in Italia sono un fenomeno nuovo, al punto che ancora non esiste una classificazione e regolamentazione specifica per questa tipologia di ristorazione.

Si parla di ghost restaurant quando un ristorante, accanto alle tradizionali attività di cucina e sala, ne affianca un’altra che opera soltanto in rete, ricorrendo all’e-commerce e avvalendosi, prevalentemente, di piattaforme di food delivery.

Nel caso si voglia aprire un ghost restaurant o ristorante virtuale l’iter è davvero semplice per chi già possiede un locale a norma, tradizionale.

In questo caso basta creare la nuova insegna virtuale, decidere il proprio menù e provvedere in proprio o affiliarsi a una qualche piattaforma di food delivery per la consegna.

Ciò non richiede adempimenti specifici e ulteriori rispetto alla comune ristorazione, ferma l’osservanza delle norme igienico-sanitarie in materia alimentare, incluse quelle relative al confezionamento e al trasporto dei piatti.

Occorre poi predisporre un’attività strategica di branding, comunicazione e vendita. Continuiamo con il nostro gioco… Immaginiamo di aprire una startup di ristorazione non somministrata, dedicata esclusivamente al food delivery. Ci riferiamo evidentemente a una Dark Kitchen: come funziona e quali i passi da compiere?

Si parla di dark kitchen quando viene avviata ex-novo un’attività di somministrazione alimentare con sola cucina e consegna domiciliare.

Le dark kitchen, in mancanza di autonoma disciplina, vengono ricondotte, alla ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto secondo il codice ATECO 56.10.2.

Pertanto, l’avvio dell’attività richiede, in relazione al locale, una Scia sanitaria ai sensi del Regolamento CE n. 852/2004 e il superamento di un corso HACCP per la trattazione degli alimenti, naturalmente nel rispetto delle norme in materia di igiene dei prodotti alimentari, incluse quelle che prevedono l’obbligatorietà dell’indicazione degli ingredienti utilizzati e degli allergeni.

Per il servizio di consegna a domicilio il titolare della cucina fantasma potrà avvalersi, in via alternativa, della propria organizzazione, garantendo l’osservanza delle disposizione igienico sanitarie relative all’utilizzo di confezioni o materiali adeguati a contenere gli alimenti (MOCA) e al trasporto in base al Regolamento CE 178/02, oppure di player operanti nel settore food delivery (ad es. tramite piattaforma specializzata) che dovranno assicurare il rispetto delle citate prescrizioni da parte dell’incaricato alla consegna.

Vigono le stesse regole e disposizioni se utilizzo il servizio di una Dark Kitchen collettiva che noleggia le postazioni a diversi brand?

Le dark kitchen collettive o cloud kitchen sono cucine condivise tra più utilizzatori, secondo lo schema del co-working.

Giuridicamente si tratta di un contratto atipico, che racchiude in sé i caratteri propri della locazione e dell’appalto di servizi, in forza del quale un soggetto, detto concedente – in aumento sono le startup operanti nel settore – dispone di un immobile idoneo a essere suddiviso in postazioni per cucinare.

Queste vengono affidate a più utilizzatori, dietro corrispettivo ed eventuale cauzione da versarsi all’inizio del rapporto nell’ipotesi di eventuali danni e inadempimenti contrattuali.

In tali spazi gli utilizzatori svolgono attività di somministrazione con solo delivery, senza gli oneri di un’attività di ristorazione ex-novo, con sala, personale e gestione della clientela.

Oggetto del rapporto sono generalmente laboratori tra i 15 e 30 metri quadri, destinati a uso cucina, completi di attrezzature, infrastrutture e utilità necessarie all’attività, che possono includere anche servizi in comune, quali: pulizia delle zone comuni, accesso disponibile 24h, videosorveglianza… il cui costo può essere incluso nel contratto o stabilito a parte.

Rimane in capo a ciascun utilizzatore sia la gestione degli ordini sia delle consegne tramite la rete o app, propria dello stesso utilizzatore o fornita da piattaforme di food delivery.

Ancora diversa è la virtual kitchen ove la produzione e la consegna di cibo avviene tramite affiliazione in franchising o licensing a un brand: il ristoratore virtuale cucina utilizzando il marchio, l’insegna, il know-how di un franchisor dietro pagamento di una fee d’ingresso e royalty contrattualmente definiti.

Esaminate queste nuove forme di ristorazione, accomunate tutte dalla dimensione delivery, non rimane altro che verificare se saranno in grado di resistere, in un periodo di ripartenza del settore, al ritrovato interesse verso un’esperienza fisica di consumo alimentare.

Ha altre raccomandazioni da fare al lettore in merito ai sistemi di distribuzione del piatto?

Lato cliente ricordiamo che, in mancanza di una normativa ad hoc, la richiesta di servizio a domicilio rientra nella disciplina prevista per il contratto a distanza, tra un professionista e un consumatore, così come regolamentato dal Codice del Consumo (Decreto legislativo, 06/09/2005 n° 206, G.U. 08/10/2005, e s.m.).

Quando si richiede, anche tramite portali dedicati in rete, un servizio di consegna cibo a domicilio, a favore del cliente-consumatore esistono tutele dettate dal suddetto Codice come, ad esempio, le informazioni relative all’identità di chi eroga il servizio, alle caratteristiche del prodotto consegnato, alle modalità di pagamento, alla sicurezza e tracciabilità alimentare, oppure al diritto di recesso che lo stesso cliente può esercitare.

Molte soluzioni di food delivery prevedono il pagamento anticipato durante l’acquisto del pasto su debita piattaforma online. Quale il suo parere sui pagamenti digitali nel mondo della ristorazione?

Nel contesto ristorativo post-pandemico un ruolo sempre più rilevante è stato assunto dalla digitalizzazione dei processi ricettivi.

Si pensi al menù digitale visualizzabile tramite QRCode e agli ordini e prenotazioni online, alla comunicazione sempre più orientata ai social media, all’introduzione o definitiva affermazione del servizio di consegna a domicilio, al pagamento digitale.

Dinanzi a ciò, il settore è chiamato a un deciso e quanto mai repentino cambio di passo, in quanto la digitalizzazione dei pagamenti è ormai una tendenza inarrestabile.

Tuttavia, ciò richiede interventi diretti all’aggiornamento dei software di cassa e dei sistemi di archiviazione e condivisione delle fatture elettroniche, oltre alla previsione di un sistema di incentivi volti anche a contenere gli oneri e i costi delle commissioni.

Grazie per avermi accolto ancora una volta sul vostro interessante blog CnR… auguro una brillante estate a tutti i lettori!

Se desideri approfondire, qui i principali libri di Alessandro Klun:

Conclusione

Ringraziamo Alessandro Klun che ci ha offerto, come sempre, interessanti spunti giuridici per affrontare le tematiche più pressanti della ristorazione. Utilizzi il delivery o vuoi creare una dark kitchen? Raccontalo nei commenti o poni domande al nostro esperto.

Ci troviamo in piena ripresa del mercato legata alla fase post-pandemica della crisi sanitaria. Anche se i panorami socio-politici internazionali mostrano segnali di tensioni e problematiche preoccupanti, abbiamo di fronte una frizzante e produttiva estate.

Ci attende quindi un’attività senza soste per garantirti un approfondimento settimanale, un report o un’intervista, al fine di accompagnarti in quella che si preannuncia la rinascita, se pur lenta, della ristorazione italiana. Se lo preferisci, iscriviti e segui la nostra newsletter.

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a cura di

Nicoletta Polliotto

Chef di Cucina per Muse Comunicazione®, Web Media Agency specializzata in analisi, pianificazione e realizzazione di progetti di promozione on-line per il Food&Wine, il Turismo e le PMI.

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