Consulente Chef e F&B Manager: Figure Professionali in Espansione
L’odierna esperienza gastronomica è basata su condivisione di emozioni e valori, nel pieno recupero della dimensione sociale e conviviale. Lo stesso ruolo dello chef sta evolvendo, affiancato da nuove figure professionali manageriali e modelli di business profondamente influenzati.
Intervistiamo chi di consulenza, condivisione e confronto ha fatto il suo mestiere → Chef Marco Di Lorenzi.
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Ogni parte del sistema di comunicazione, promozione e vendita dell’offerta è raccontata con semplici how-to-do, conditi con buone pratiche, interviste agli specialisti, testimonianze di brand del food e della accoglienza ristorativa. Pratici spunti da applicare subito in cucina e in sala.
Il reale obiettivo del ristorante è la sostenibilità e l’incremento d’impresa, la salvaguardia del lavoro e della crescita dei collaboratori e poi, sicuramente, il benessere personale. Leggi il capitolo 11 dedicato alla vendita online, culmine di tutto il percorso che abbiamo realizzato insieme.
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Storia di Chef Marco Di Lorenzi
Nato a Pesaro, appassionato da sempre di cucina e concorsi internazionali, Marco Di Lorenzi viene selezionato giovanissimo come titolare di APCI Chef Italia, squadra nazionale dell’Associazione Professionale Cuochi Italiani, con la quale gira il mondo ottenendo ottimi risultati.
Tra questi: 1° premio “Il Panino dell’Anno” con Bargiornale – Singapore 2005. “International Kremlin Culinary Cup” – Mosca 2006. 1° Posto “Premio Chef d’Autore 2011” Cracco – Milano. “Il miglior piatto alle nocciole d’Italia” – Cortemilia 2012.
- Executive Chef & Consulente di cucina e pasticceria per settore HORECA.
- Consulente Agroalimentare per Industrie Alimentari “Ricerca & Sviluppo”
- Docente del Master “Hotel Management & Digital Tourism 4.0 Modulo – Food & Beverage”, presso la scuola di Alta Formazione Sida Group
- Commissario EAPQ – Esperto Area Professionale di Qualifica
- Autore di articoli scientifici per riviste del settore.
Ha ideato 3 marchi registrati legati al Made in Italy con prossime aperture sia in Italia che all’estero: Vanilla Coffee & Restaurant Dessert, Trafila Coffee & Italian Pasta, Clorofilla Coffee & Raw Restaurant.
Occorre partire dal Format e Concept per definire, progettare e condurre al meglio l’attività produttiva.
—Chef Marco di Lorenzi
Intervista
Da sempre sostenitori della tesi: prima di partire devi conoscere Destinazione e Percorso. Siamo in pieno accordo con lo chef… prima di saper gestire il ristorante, occorre saperlo progettare.
L’equazione matematica 1 Chef = 1 Ristorante, oggi non è più così scontata. Startup ristorative e attività alle prese con un restyling della proposta si avvalgono, sempre più spesso, della collaborazione di figure esterne specializzate.
Lo chef spesso gestisce diversi ristoranti: diffuso il binomio ristorante–bistrot o altri format di somministrazione. Oltre al proprio business, segue anche altri progetti in affiancamento temporaneo.
La professione del Consulente Chef, dell’eroe gastronomico che salva le cucine in pericolo, nasce sul piccolo schermo, con Marco Pierre-White, Gordon Ramsay e, a seguire, Antonino Cannavacciuolo per la versione italiana del format, divenendo vero e proprio tormentone: spesso si fa leva sulla notorietà della loro immagine per il rilancio del locale.
Il consulente chef lavora ai fornelli, agevola i servizi, migliora la qualità dei cibi e pianifica la gestione delle risorse umane. Aiuta nel controllo di gestione e padroneggia il food cost. Valido sostegno nel Menu Design.
Buongiorno Chef e grazie per il tempo dedicato a questa chiacchierata. Se dovesse raccontare con una manciata di parole cos’è per lei essere chef, cosa direbbe?
MdL: Lo Chef è la figura incaricata a ricoprire il ruolo di responsabile di cucina. Più che un lavoro direi una vocazione, una passione miscelata ad ambizione, umiltà e dedizione per un mestiere ricco di soddisfazioni ma anche di sacrifici.
#Chef e #ConsulenteChef: ruolo come responsabile di cucina, secondo #MarcodiLorenzi Condividi il TweetIl suo lavoro mi ha ispirato moltissimo in alcuni passaggi del mio nuovo manuale Digital Food Marketing. Ho analizzato la figura poliedrica dello chef nel capitolo dedicato all’ottimizzazione del business ristorativo e della vendita. Mi racconta quale la sua teoria sull’evoluzione della figura dello chef?
MdL: Un tempo il cuoco era un lavoro con poca visibilità mediatica, chiuso tra le mure della cucina, senza un minimo di valorizzazione in termini di immagine. Oggi è tutto l’opposto, probabilmente anche fin troppa cucina in tv!
Lo Chef deve essere formato, aggiornato e adeguatamente tecnologico in materia gastronomica, di web marketing e social. Ha ampia visibilità e molteplici mezzi di comunicazione per mostrare la sua filosofia di cucina. Non dimentichiamoci che per essere un bravo chef, occorre essere preparati anche in pasticceria, panetteria e cioccolateria.
Non c’è un’età o un particolare attestato che confermi le doti di capo cucina. Bisogna studiare continuamente, applicarsi a livello pratico in laboratorio e codificare i propri abbinamenti, correggere ricette, guardarsi indietro per prendere spunto dalle preparazioni antiche che stanno ritornando di tendenza e progettare in avanti.
Oggi abbiamo cuochi che scrivono libri, protagonisti in trasmissioni televisive, consulenti food & beverage in catene alberghiere e di ristorazione, a fianco di industrie alimentari per trovare soluzioni e prodotti semilavorati che agevolino le preparazioni in cucina e in pasticceria, chef/docenti in scuole ed enti formazione.
Come si può notare, la figura dello chef oggi è variegata e ha sfumature sempre in evoluzione.
Ho letto molti suoi articoli. Ci hanno colpito i contenuti in cui si parla di progetto, di management ma anche del ruolo dello chef.
MdL: Scrivo per diverse riviste specializzate del settore enogastronomico, sia per redazioni online e sia giornali cartacei mensili: tra tutte spicca la collaborazione con Chiriotti Editori per la rivista Ingredienti Alimentari tramite AITA – Associazione Italiana Tecnologi Alimentari.
Mi affascina essere in un contesto che non è proprio il mio, lo chef deve stare in cucina e non dietro una scrivania a scrivere articoli.
Nella scrittura, però, trasmetto il mio sapere, cerco di dare informazioni utili al lettore e non solo di ricette ma in termini di risparmio di tempo, di food cost, dove focalizzare le proprie risorse umane ed economiche, i nuovi aggiornamenti e normative europee come la tabella allergeni, il manuale di autocontrollo HACCP.
Mi affascina studiare, scoprire la storia della cucina italiana, francese, essere aggiornato. Soprattutto, sono attratto dalle sfide sia personali sia professionali: scrivere, per me, rappresenta entrambe.
Da tempo studiamo, progettiamo, sperimentiamo – nell’ambito del Menu Design – soluzioni performanti di Menù per i nostri clienti. Dal Menu Merchandising all’Interfaccia Utente, sia cartaceo che online. L’argomento che presentiamo in incontri e seminari (ancora poco trattato in Italia), sta infiammando gli operatori. È solo un tassello di un complesso puzzle: ci descrive la parte dell’ingegnerizzazione del Menù?
MdL: Un piatto, prima di essere preparato dalla cucina, servito in sala, assaporato con gli occhi e poi con la bocca, deve essere scelto dal cliente partendo dal Menù.
La Redazione del Menù di un locale è una sorta di carta d’identità: dice e trasmette immediatamente chi sei, cosa fai all’interno della cucina, quali dei 14 allergeni sono contenuti nelle pietanze. Un Menù ingegnerizzato è uno strumento di vendita in grado di aumentare i profitti di un ristorante rispetto a un Menù tradizionale.
Dietro a questo strumento di vendita, c’è studio, ricerca e progettazione totalmente differenti rispetto al passato: è realizzato tenendo conto della popolarità, della velocità di preparazione e di servizio, della replicabilità e dell’esatta percentuale di guadagno. Il concetto di gestione è importante: il Menù del ristorante è vivo, in continuo movimento. Non esiste un cliché che si possa replicare pedissequamente ma occorre lavorare sul metodo e sul flusso del lavoro.
Ci rendiamo conto che la componente del Menu Engineering sia fondamentale, composta dalla parte ingegneristica del food cost, quella analitico-gestionale del controllo dei piatti venduti e quella della psicologia della vendita. In Muse Comunicazione state lavorando molto sull’aspetto del neuro-marketing applicato al Menù.
Apprezziamo questo taglio tecnico/economico che completa la componente fantasiosa e artistica della creazione gastronomica. Il focus è la sostenibilità dell’impresa–ristorante, senza la quale è impossibile proporre al mio pubblico degli emozionanti percorsi del gusto. Continui pure con il suo discorso sul Food Cost…
MdL: Soffermandoci sul Food Cost: dovrebbe aggirarsi intorno al 30% (massimo), in quanto le restanti percentuali sono per le risorse umane e le utenze.
Per tenere sotto controllo il costo della materia prima è necessario essere scrupolosi sugli acquisti e, soprattutto, gestire per bene gli scarti i quali costituiscono la base di pesti, clorofille, frullati, fondi di cottura e minestroni di ogni genere.
Naturalmente, il food cost di un ristorante di pesce dovrà essere tenuto più alto rispetto a una panetteria o una gelateria. Per questi ultimi l’ideale è intorno al 15/18%.

Tortino di Cous Cous – Chef Marco Di Lorenzi
Diciamo, infine, che le capacità dello chef emergono meglio in presenza di materie prime “povere”. A esempio, un uovo affogato con crema di patate allo zafferano e nocciole pralinate è molto più appagante, a livello professionale, rispetto a un piatto di caviale… in tutti i sensi.
Un altro punto ostico per il ristoratore italiano è il concetto del Timing e del Flusso della Vendita che implica lavorare sulla rotazione dei tavoli. Si può parlare di RevPash se sei un ristorante “gourmet” e, soprattutto, se sei in Italia con le cucine che chiudono alle 14–14.30?
MdL: Mi piace questa domanda perché girando molto all’estero, ne apprezzo la flessibilità di orari dei locali. In Italia, tranne qualche eccezione metropolitana, gli orari sono rigidi.
Occorre essere elastici per non costringere il cliente a frequentarci negli orari di nostra preferenza. Sono tanti gli inconvenienti che possono far tardare un ospite o, anche, motivi religiosi, per cui auspico un futuro in cui saremo meno intransigenti su orari e metodologie di ordinazione e consegna.
Nella nostra attività la formazione è un elemento centrale. Ritiene che in Italia ci sia attenzione nel nostro settore alla formazione della cultura d’impresa, con sufficienti spunti legati a management e amministrazione? Quanto è importante formare una cultura digitale per cuochi, chef, maître, sommelier, ristoratori?
MdL: Per cavalcare l’onda e rimanerci, occorre investire in termini di tempo e denaro.
Non si può più ignorare il fattore web: oggi è obbligatorio scegliere le strade più adatte al proprio profilo professionale e spingere in pubblicità mediatica, posizionamento e social media.
La formazione non è mai abbastanza, a qualsiasi livello. Consiglio sempre, durante le lezioni di Food & Beverage, di specializzarsi e non rimanere una figura generica con un ruolo vago ed indefinito.
Possiamo consigliare qualche buona lettura o un film, secondo lei, imperdibile?
MdL: Consiglio di leggere i libri degli chef italiani, di guardare Ratatouille, i tanti film di Totò, Alberto Sordi per capire il valore che il cibo aveva qualche anno fa… e, infine, il film omaggio al maestro dei maestri: Gualtiero Marchesi.
Conclusione
Grazie a Marco, chef versatile, attuale e disponibile al confronto. Ci ha fatto riflettere sul ruolo di Restaurant Manager, F&B Manager e chef, tre figure che devono trovare un’affinità, evitando di scadere nel ruolo di prima donna, sorda alle esigenze altrui. Queste figure sono presenti in hotel 5 stelle o in locali di un certo valore commerciale. In altri casi occorre ridisegnare le competenze e i task.
Approfondisci gli spunti che hai individuato in questo blogpost, nel capitolo 11 – Come migliorare le vendite online – del libro: Digital Food Marketing. Guida pratica per ristoratori intraprendenti.
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