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Food e Cinema: Ratatouille Sfida Critica tra Chef e Gastronomo

Recensioni: Ratatouille, Sfida Critica tra Chef e Gastronomo

Come stimolare riflessioni strategiche e spunti per crescere durante i picchi di operatività che, nella maggior parte dei territori vocati al turismo, i nostri lettori ristoratori stanno vivendo?

Ebbene, con la leggerezza di Food e Cinema.

Questo è il nostro cruccio estivo. Abbiamo così sperimentato con successo una rassegna di recensioni cinematografiche di pellicole dedicate al cibo, coinvolgendo oggi uno chef e un gastronomo.

Disfida tra Chef e Critico Gastronomico

Mentre negli altri casi abbiamo scelto prima i recensori e poi insieme giocato con trame e personaggi, per stuzzicare giocosamente intelletto e passione dei nostri lettori, qui si è tentata un’operazione inversa.

Abbiamo scelto un film: Ratatouilleche è anche il nome di un piatto. Ne abbiamo isolato i due alter-ego: il cuoco e il critico. Infine, è stato lanciato il guanto di sfida a chi nella vita reale fa questi mestieri.

Hanno accettato di salire sul ring il giornalista culinario Marco Gemelli, già incontrato in occasione dell’intervista sul nuovo ruolo del gastronomo in era Food 2.0 e un sorprendente chef fiorentino, Filippo Saporito (a proposito di nomi e presagi …), del ristorante La Leggenda dei Frati.

Il film di animazione Disney–Pixar ha come vero protagonista un piatto di origine provenzale, ricco di sapori e profumi, ma dalla grande semplicità e schiettezza: il Ratatouille. Co-protagonisti il topino Rémy che dopo avventure rocambolesche diventa chef ispirandosi al libro di cucina “Chiunque può Cucinare”, scritto dal grande maestro parigino Auguste Gusteau.

Dopo una recensione negativa del critico gastronomico Anton Ego, il ristorante di Gusteau perde una delle Stelle Michelin. Gusteau muore, e per questo motivo, secondo la legge, il ristorante perde un’altra stella e cade in disgrazia.

Ratatuoille, film d’animazione di B. Bird (Disney–Pixar, 2007)

Curiosità

Durante la produzione di Ratatouille, il regista Brad Bird e il produttore frequentano corsi di cucina nel ristorante French Laundry di Thomas Keller, che inventa la ricetta della ratatouille presentata nel film.

Gli animatori del film hanno realizzato in computer grafica 270 piatti diversi, ciascuno dei quali è stato realmente preparato in una vera cucina.

Sfida tra il gastronomo Marco Gemelli (sx) e lo chef Filippo Saporito (dx).

Recensione di Marco Gemelli (Gastronomo)

Se il dazio da pagare per celebrare davanti al grande pubblico il mondo della gastronomia è quello di presentare i critici come la versione gourmand del conte Dracula… beh, in fondo il gioco vale la candela.

L’operazione che Disney e Pixar hanno compiuto con Ratatouille è sottile e ben congegnata: il film coglie bene lo spirito dei tempi, andando ad approfondire un settore d’attualità come quello della gastronomia, dei suoi attori – fuori e dentro le cucine – e dello stretto rapporto tra le performance degli chef e il riconoscimento mediatico che ne deriva. Sin dalle battute iniziali, il successo dello Chef Auguste Gusteau viene mostrato non solo attraverso fattori meramente economici (gli alti fatturati, la necessità di prenotare con largo anticipo) ma anche mediante la forte presenza, ai limiti della sovraesposizione, su giornali e riviste di settore.

L’eccellenza è intorno a noi – ripete, mentre celebra la multi-sensorialità della buona cucina: vista, olfatto e gusto danzano insieme, nelle sue preparazioni.

Degno contraltare, a fronte del rubicondo chef Gusteau viene presentato il triste e lugubre critico gastronomico Anton Ego. Un’estremizzazione funzionale al film, certo, che serve sia a dare un cattivo alla trama sia a mostrare le effettive dinamiche tra chi cucina e chi giudica. Una caricatura che farebbe sorridere, se non ci fosse davvero chi quel ruolo se lo cuce addosso tentando di assomigliare all’ossuto Ego (nomen omen).

Più che raccontare piatti ed esperienze, scopo di Ego sembra essere quello di ribadire e legittimare un rapporto conflittuale con gli chef, una guerra personale che pare dettata da una considerazione quasi sacrale del proprio lavoro. Tanto che quando tutto va a rotoli, alla fine, il crollo della sua credibilità professionale coincide con la perdita del lavoro: quale miglior contrappasso, per chi fino a poco prima aveva in mano le sorti del lavoro altrui?

Concediamoci come divertissement una sorta di meta-recensione, ossia una recensione sul modo in cui il critico si approccia alla recensione: l’atteggiamento che di lui traspare nella pellicola è un convinto e dogmatico esoterismo, nel senso del cercare di mantenere l’intero mondo della gastronomia volutamente riservato e poco accessibile al grande pubblico. Il suo potere – quello di far perdere 1 stella al ristorante per colpa di una cattiva recensione – non è poi molto diverso dalla realtà. Allo stesso modo, lo scorbutico chef Skinner ricalca un po’ certi luoghi comuni sugli chef prime-donne e sulle gelosie che non mancano nelle cucine nostrane né d’Oltralpe.

In quanto al vero personaggio focale del film, il topino Remy, a lui sono affidate le funzioni didascaliche e d’indirizzo morale del film: egli comprende sin da subito come il senso del gusto e dell’olfatto – che possiede naturalmente – siano elementi imprescindibili in cucina, oltre ovviamente alla passione, alla creatività e alla competenza. Lo stupore degli altri topi davanti alle sue doti e al suo interesse non è in fondo così dissimile da quello che molti provano quando un amico gourmet “racconta” il cibo che stanno assaggiando, con il primo che guida gli altri alla scoperta di sapori e profumi.

A Remy è affidata l’educazione gastronomica del timido Alfredo Linguini, che in fondo non è altro che ognuno di noi in potenza. Per dirla con Gasteau, “ognuno può cucinare”.

Come in ogni buon film d’animazione targato Disney, poi, c’è spazio per la redenzione e i buoni sentimenti:

È facile, [noi critici] rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la realtà è che nel grande disegno delle cose anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale.

Anton Ego, Ratatouille

Ego riconosce così che il vero valore aggiunto per chi si dedica alla nostra professione sta nel prendersi il rischio di scoprire e difendere il nuovo, ossia i talenti emergenti.

Per la prima volta un film della Disney–Pixar mostra una brigata di cucina all’opera (con tanto di spiegazione dei diversi ruoli, dallo chef agli sguatteri) e illustra la gastronomia dal punto di vista degli addetti ai lavori, con qualche approfondimento sulle dinamiche di genere e sul rapporto tra cucina artigianale e merchandising industriale. Non c’è da stupirsi, se dopo aver visto il film viene voglia di mettersi ai fornelli.

Recensione di Filippo Saporito (Chef)

Racconto sempre che ci sono tre momenti, secondo me, nei quali ho intuito un punto di non ritorno nell’immagine delle giacchette bianche. Le elenco non in ordine di data e neanche di importanza.

La prima quando il Divino Marchesi firma il panino alla McDonald’s. Da allora è stato sdoganato tutto. Mai nessuno riuscirà a far avvicinare così tanto due concetti di ristorazione agli antipodi. Veramente potremmo dire che gli opposti si sono attratti.

La seconda quando è stato scelto chef Carlo Cracco a far concorrenza a Rocco Siffredi su questioni di patatine fritte. Il fatto che sia stato scelto uno chef invece del più famoso tra gli attori porno fa comprendere quanto, nell’immaginario del pubblico, l’oggetto del desiderio si sia spostato verso altri bisogni primari.

La terza quando la Disney scelse che un topo interpretasse, nelle vesti di un capace cuoco, il cartone ambientato nelle cucine di un ristorante francese stellato. Da allora chiunque con passione e talento può aspirare a diventare un grande cuoco, come il più screditato degli animali.

La scelta, tra tutti gli animali possibili, proprio di un roditore è una provocazione, essendo questo il grande nemico delle dispense e dei magazzini di cucina. Antilopi, zebre, leoni, pinguini, cani, giraffe ecc. … avevano alternato i momenti di passione degli amanti dei cartoni, ma per il film sulla cucina è tornata la scelta sul primo animale della saga di Walt Disney: il topolino.

La prima volta che ho visto Ratatouille (sono seguite almeno altre trenta visioni, ogni genitore di bimbi piccoli mi potrà capire) sono rimasto colpito dal fatto che la prima qualità del topolino-cuoco fosse un grande olfatto. Non quella di essere un grande mangiatore in senso quantitativo, ma di essere un fine gourmand sotto il profilo qualitativo: questo rimane per me il grande messaggio del cartone. Anche di fronte ad un banchetto gigantesco di piatti e cibi succulenti, il topolino va a scegliere i funghetti preferiti e gustosi.

E se anche il cartone sciorina vari concetti idealistici e sentimentali, dall’amicizia incondizionata alla gelosia, dal riscatto sociale fino alla lotta ai compromessi per seguire sempre i propri sogni, il predominio della qualità sulla quantità (teoria perfetta anche per le sfere relazionali) è il tema dominante e anche quello che mi ha appassionato maggiormente.

Il film è intenso, ricco di piacevoli sfumature e scorrevole. Ambientato in una Parigi meravigliosa, giustamente considerata la Capitale della Gastronomia mondiale, rende l’idea in maniera veritiera di quello che succede nelle cucine di tutto il mondo: del rapporto tra lo Chef e i propri aiutanti, delle aspirazioni di qualsiasi cuoco, dell’odio-amore nei confronti dei critici gastronomici e della clientela più o meno affezionata.

Credo che il risultato sia bello e appassionante e, come per tutti i film di produzione Disney–Pixar, Ratatouille verrà visto da tutte le prossime generazioni, facendo sbocciare in qualche cuoricino un po’ di passione per questo magico e vertiginoso Mondo, che è la Cucina.

Conclusioni

Possiamo affermare, con gioia, che i due recensori hanno creato solide convergenze. Il film è stato spunto per ironizzare e analizzare criticamente il proprio ruolo professionale, esaltandone poi le sfaccettature positive, di professionalità, di rispetto e di evoluzione.

La pensi anche tu come loro? Perché non lasci critiche e commenti, ma anche suggerimenti su altri film o libri che hai letto o vorresti visionare, da condividere e commentare insieme. Ti aspettiamo nella nostra cucina digitale, a prova di critico!

Magari desideri essere proprio tu il nostro prossimo recensore cine-gastronomico: candidati, a bientôt!

Non perdere le altre recensioni:

a cura di

Nicoletta Polliotto

Chef di Cucina per Muse Comunicazione®, Web Media Agency specializzata in analisi, pianificazione e realizzazione di progetti di promozione on-line per il Food&Wine, il Turismo e le PMI.

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