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Intervista Enoica: Come Creare una Effervescente Carta dei Vini – Parte 1

Intervista a Franco Santini - Come Creare una Effervescente Carta dei Vini - Parte 1

I clienti del Ristorante sanno forse meglio di te che la cucina non è tutto. Sono fondamentali un Menù equilibrato e proposte originali che raccontano professionalità e storia, ma oltre al piatto c’è di più.

Da qualche mese sottolineiamo spesso l’importanza dell’accoglienza e del servizio, l’attenzione ai dettagli, dalla mise-en-place al cestino del pane, dalla presentazione dell’olio al Food & Wine Matching o, semplicemente, Abbinamento Cibo-Vino.

News: Food e Formazione Digitale

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Confrontarsi con la Tradizione del Vino Italiano

Un paese dalla forte tradizione viti-vinicola come l’Italia ha gli occhi del mondo puntati addosso, un po’ come la Francia in fondo.

Da un lato maggiori sono le opportunità, dall’altro aumentano le responsabilità e di concerto la cura necessaria a creare e proporre la Carta dei Vini in Ristorante. Abbiamo cercato un interlocutore grazie al quale si potessero tracciare le linee guida per valorizzare piatti e Menù.

Franco Santini è abruzzese, vive a Roma: ingegnere di formazione, giornalista per passione, inizia a scrivere nel 1998, occupandosi di divulgazione tecnico-scientifica. L’amore per il vino e l’enogastronomia sboccia subito: oggi scrive di vino su varie testate web e cartacee, tra cui la storica Acquabuona, tra i primi magazine online specialistici in Italia.

Da 7 anni fa parte del team di coordinatori per la guida dei vitigni autoctoni Vinibuoni D’Italia, edita dal Touring Club.

Organizzatore di convegni, eventi enogastronomici e serate didattiche tra Roma e Abruzzo, consulente per la Carta dei Vini in diversi ristoranti, docente esterno per diverse associazioni di settore.

Dall’Abruzzo estendo le mie ricognizioni enoiche al resto d’Italia, con una “geografica” predilezione per i vini del centro-sud.

Semplificare i concetti difficili è sempre stata una mia prerogativa. Mi innamoro di Cibo e Vino e inizio a frequentare tutti i corsi possibili (AIS, Slow Food, Gambero Rosso, Porthos, …), con ovvie ripercussioni sul mio stato di forma fisica!

Approfondiamo l’argomento con il giornalista freelance, specializzato in vino, Franco Santini.

Intervista

Buongiorno Franco, grazie per averci dedicato il tuo tempo. Iniziamo parlando un po’ di te, tanto per rompere il ghiaccio.

Franco Santini: Sono nato e cresciuto in Abruzzo, prima di trasferirmi a Roma, dove attualmente vivo con la mia famiglia, moglie e due bimbe.

Faccio un po’ fatica a inquadrarmi professionalmente, perché divido il mio tempo fra tante attività, molto diverse fra loro. Ho fatto studi di ingegneria che mi hanno portato a occuparmi di project management e pianificazione tecnico-economica. Contestualmente, da più di 15 anni sono un giornalista freelance, dapprima specializzato in divulgazione scientifica, oggi focalizzato su enogastronomia e, soprattutto, vino.

Ho collaborato con varie testate online e cartacee, sono uno dei coordinatori di Vinibuoni D’Italia, la guida ai vitigni autoctoni edita dal Touring, per la quale seguo le regioni Abruzzo e Puglia, di cui ho anche scritto i capitoli di un libro appena uscito intitolato Storia Moderna del Vino Italiano, Skira Editore.

Negli ultimi tempi infine mi sono avvicinato al marketing digitale, mondo complesso e dinamico che sto studiando a fondo e che mi affascina molto.

Cosa significa, oggi, essere giornalista specializzato in vino? Quali le competenze e i talenti da sfoderare.

FS: Non è facile rispondere. Grazie alla democratizzazione del web, oggi chiunque può scrivere di qualunque cosa (per fortuna, aggiungerei).

Posso parlare della mia esperienza: attraverso un percorso particolare, sono arrivato a scrivere di vino dopo diversi anni in cui, come anticipato, pubblicavo tutt’altro (divulgazione scientifica).

Al vino sono arrivato spinto da una passione innata che intorno ai 25 anni mi ha spinto a iscrivermi e seguire tutti i corsi possibili immaginabil, viaggiare per regioni vinicole in Italia e nel mondo. Ho avuto un approccio alla materia “libresco”, scientifico, non avendo fatti studi di agraria o enologia, né avendo mai lavorato in campagna.

Per un po’ passione per la scrittura e per il vino hanno avuto percorsi paralleli. Poi, a un certo punto, com’era naturale che fosse, si sono incontrati. Quando ho iniziato a scrivere di vino, erano pochissimi i corsi specialistici pensati per figure che si occupassero di enogastronomia dal punto di vista critico. Oggi ce ne sono di più ma sinceramente non so quanto siano validi o completi e soprattutto quali siano i reali sbocchi professionali.

I giornalisti che campano scrivendo esclusivamente di vino in Italia si contano sulla punta delle dita. Non è come nel mondo anglosassone, dove ci sono professionisti strapagati. Qui da noi quasi tutti lo fanno come seconda attività o sono giornalisti ad ampio spettro che si occupano anche di vino e cibo.

A far la differenza, a mio avviso, sono il bagaglio culturale specifico, la costanza, la consapevolezza con cui si approccia la bevuta e l’indagine sul lavoro delle aziende vitivinicole. E, ovviamente, la capacità di trasferire tutto questo agli altri. Io mi sento più un “cronista” del vino, perché mi piace raccontare le storie che ci sono dietro a una bottiglia.

La cosa più bella del mondo del vino non è l’emozione dell’esperienza sensoriale in sé, ma la possibilità di venire a contatto con un’umanità – quella dei produttori di vino – che spesso brilla di una luce più intensa rispetto alla media.

Intervistiamo con frequenza giornalisti gastronomi, spesso partecipiamo a eventi e presentazioni con il mondo del giornalismo tradizionale. Avvertiamo un certo disagio nei confronti dei media digitali e una sorta di insofferenza verso i colleghi Food Blogger. Accade la stessa cosa anche nel mondo del vino?

FS: Direi di sì, anche perché la maggior parte dei giornalisti gastronomi che gira per fiere e concorsi appartiene a una generazione che questa rivoluzione del web non l’ha mai digerita. Chi ancora crede che il cartaceo abbia maggior valore del digitale a mio avviso vive fuori dal mondo e non merita nemmeno un commento.

Riguardo l’ondata del food blogging – un po’ eccessiva – sono invece più d’accordo. Ovvero, circolano in rete tanti contenuti davvero mediocri. Anche perché, riallacciandomi a quanto accennato prima, non sono sostenuti economicamente da alcun editore.

Alla fine dovrebbe contare solo la credibilità dell’autore e la qualità dei contenuti che produce. Il tutto sostenuto da numeri (in termini di readership, di visibilità intendo) in qualche modo dimostrabili. Tutto il resto è fuffa e il famigerato “tesserino” da giornalista è quanto di più inutile e anacronistico mi venga in mente.

#FoodBlogging e qualità dei contenuti? Alla fine contano credibilità e capacità dell'Autore. Condividi il Tweet

Come sai, siamo autori del libro “Ingredienti di Digital Marketing per la Ristorazione” e la formazione è un elemento saldo della nostra attività. Ne parli in uno dei tuoi approfonditi articoli. Quanto è importante per la categoria di produttori di vino, sommelier, wine specialist, F&B manager un’offerta formativa declinata al digitale, all’innovazione, sperimentazione e ricerca in campo tecnologico?

FS: La categoria della ristorazione è ancora una delle più arretrate sotto questo punto di vista. Le aziende e i professionisti del vino vanno un po’ meglio, anche se non brillano per innovatività: poche le cantine che investono risorse adeguate su un piano serio di comunicazione digitale, anche se si iniziano a vedere siti web ben curati e pagine social gestite con un minimo di criterio.

Comunque c’è tanto lavoro da fare e quello della formazione digitale in queste aree di attività è a mio avviso un percorso da spingere e su cui si può lavorare bene. È ancora un problema di mentalità: chi fa attività molto legate alla terra, fatica a comprendere le dinamiche di un mondo che considera ancora troppo virtuale.

Futuro e presente sono, però, lì o per lo meno in una commistione tra online e offline, bisogna farglielo capire (basta citare il recente caso Pokémon Go, gioco per smartphone in Realtà Aumentata, da poco approdato in Italia, in alcuni paesi già utilizzato per promuovere Local Business e Ristoranti, ndr).

Il Futuro del #Food è un mix virtuoso fatto di Online e Offline; la #Ristorazione deve capirlo! Condividi il Tweet

Il mondo del vino: come si pone l’Italia nel panorama mondiale? Ci riferiamo alla produzione, alla lavorazione e anche all’arte del servire il vino.

FS: Ormai tutti i grandi mercati mondiali sanno che l’Italia è un grande produttore di vino, soprattutto dal punto di vista della varietà di uve e denominazioni, dove non siamo secondi a nessuno. Purtroppo la distanza in termini di percezione qualitativa rispetto alla Francia resta sempre alta.

Ho l’impressione che si faccia ancora tanta fatica a comunicare un’identità chiara e coerente, che valorizzi le unicità del nostro patrimonio viticolo. Per cui alla fine la competizione finisce sempre sul fronte prezzi e – fatta eccezione per poche denominazioni prestigiose (Barolo, Brunello, Amarone, …) – l’immagine è sempre quella di un vino italiano venduto sottocosto. E poi, come dicevi, c’è l’arte del servire il vino.

A proposito di questo comparto, molti nostri lettori sono ristoratori, chef e sommelier. Quanto è rilevante il lavoro del maestro degli abbinamenti per eccellenza nel mondo della ristorazione: il Sommelier? Quale il livello professionale attuale e la qualità del servizio auspicabile dell’abbinare e servire la giusta bevanda con il giusto piatto?

Quando parliamo di Sommellerie, la scuola italiana da sempre è considerata una delle migliori, anche se tutta la proliferazione di sigle e associazioni di settore (AIS, FIS, FISAR, ONAV, …), di nuovo, non contribuisce a delineare uno scenario limpido.

Purtroppo nutro qualche pregiudizio verso questo mondo: ho l’impressione che molti frequentino un corso da sommelier per moda o perché non sanno che fare. È raro trovare ragazzi davvero competenti e appassionati: molti prendono il “pezzo di carta”, rilasciato da tizio o caio, e poi cercano di arrotondare facendo “seratine” in giro. Così è desolante. Quando trovi il professionista serio, allora, fa tutta la differenza del mondo.

Spesso i ristoratori non hanno una grande cultura specifica sul vino e l’aiuto di un collaboratore valido rappresenta un sicuro valore aggiunto. Qualcuno che li aiuti a scegliere le giuste bottiglie in base al contesto e alla clientela, a fare scelte razionali in grado di trasmettere al cliente l’originalità della proposta.

Per puntare davvero in alto ci vuole un professionista appassionato e preparato che sappia dedicare al vino tutte le attenzioni di cui necessita.

Conclusioni

L’intervista con Franco Santini si è rivelata ricca e interessante. Abbiamo così deciso di dividere la chiacchierata in due parti: la prossima puntata tra 7 giorni, per entrare nel vivo dei principi che sorreggono la costruzione di una buona Carta dei Vini. 

Hai qualche dubbio o considerazione sugli argomenti trattati sin ora? Vuoi fare qualche domanda last minute da includere nella seconda parte dell’intervista?

Se vuoi contribuire alla realizzazione dei nostri contenuti, lascia un commento e poni i tuoi quesiti all’esperto. Appuntamento alla prossima settimana: to be continued…

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Letture Consigliate

Le interviste di CnR

a cura di

Per la rubrica Ricetta del Successo

Nicoletta Polliotto

Chef di Cucina per Muse Comunicazione®, Web Media Agency specializzata in analisi, pianificazione e realizzazione di progetti di promozione on-line per il Food&Wine, il Turismo e le PMI.

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