Come Sfruttare in Cucina le Informazioni di Antropologia Alimentare
C’è una nuova figura che si aggira per cucine, ristoranti ed eventi eno-gastronomici. Di solito è un tipo curioso che non si limita a degustare o ad apprezzare ricette e abbinamenti, quanto più a problematizzare i contesti culturali e sociali del mondo della cucina nazionale e internazionale.
Se ti imbatti in questo personaggio, nove volte su dieci è un antropologo, o meglio → antropologo dell’alimentazione.
Storytelling Aziendale e Scienza del Racconto
A questa figura spetta il compito di leggere e interpretare il reale attraverso le categorie del cibo, della cucina, dell’alimentazione e della gastronomia nelle differenti società, passate e attuali, contestualizzando l’uso degli alimenti e degli stili alimentari.
In realtà l’antropologo non è nuovo nel panorama degli studi umanistici, dove spesso viene scambiato con il sociologo. Studia la cultura umana, in tutte le sue molteplici sfaccettature, ed è dotato di una precisa cassetta degli attrezzi: il metodo etnografico.
Scende sul campo e interagisce con il suo oggetto di studio, osservando così dall’interno le dinamiche culturali che intende cogliere: nessun modello matematico o statistico quindi (tanto caro ai colleghi sociologi), quanto piuttosto uno studio che punta sulla qualità delle relazioni che vengono osservate e indagate.

Il Sociologo teorizza con modelli matematici, l'antropologo sperimenta sul campo.
Oggi si parla molto di storytelling aziendale ossia il racconto della propria identità a vecchi e nuovi clienti. Definire i tratti distintivi della propria identità equivale a contrapporsi costruttivamente verso chi è diverso da noi, con una dialettica di auto-scoperta e scoperta dell’altro.
L’azienda che sa raccontarsi nel giusto modo riesce a coinvolgere emotivamente chi ascolta la sua storia, a portarlo dalla sua parte, a scoprirne bisogni e realtà.
L’approccio antropologico è caratterizzato anche dalla capacità di cogliere l’aspetto emotivo della cultura, di raccontarlo e documentarlo.
Quando l’antropologo “torna a casa”, studiando la cultura occidentale con la stessa perizia usata con le altre, ha fatto di questa sua capacità di cogliere e raccontare l’Altro il punto di forza per guardare con occhi nuovi le dinamiche culturali e i problemi a esse connesse, con lo scopo di trovarvi soluzioni.
Nasce così la famosa Antropologia Applicata, che ha il semplice compito di risolvere problemi pratici sotto diversi aspetti anche nel mondo dell’enogastronomia o dell’alimentazione in genere. Insegnando, sia che abbia davanti ragazzi delle superiori o studenti di master universitari, cerco di instillare dentro di loro un sano senso critico riguardo quanto si trovano nel piatto, a casa o fuori di essa.
La cucina contiene ed esprime la cultura di chi la pratica, è depositaria delle tradizioni e dell’identità di un gruppo.
È, quindi, uno straordinario mezzo di autorappresentazione e comunicazione che ci permette di entrare in contatto con culture diverse, in maniera più veloce e diretta che imparandone la lingua.

Chiedersi sempre “perché?”, l'antropologia è problematizzazione dell'ovvio.
Il cibo si presta a mediare fra culture differenti, aprendo i sistemi alimentari a invenzioni, incroci e contaminazioni, perché questa è la storia di ogni cultura. Conoscere e problematizzare il proprio orizzonte alimentare ci consente di confrontarlo con quelli diversi dal nostro, abbattendo così i troppi pregiudizi che vivono nel nostro quotidiano.
Siamo il frutto di prestiti e meticciati culturali anche a livello alimentare: imparare questo, mettere in discussione l’idolo delle origini – come ci ha insegnato il grande storico Marc Bloch – consente di aprirci all’innovazione senza sclerotizzarci in parole come “tradizione” o “autenticità”, parole che hanno senso solo se relativizzate alla contemporaneità.
Antropologia e Giornalismo Enogastronomico
La contemporaneità va indagata con quella cassetta degli attrezzi di cui parlavo prima, quella che porta l’antropologo in mezzo alle persone a osservarne il comportamento.
Per questo ai miei studenti del Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico del Gambero Rosso ho fatto svolgere, dopo la teoria, un’indagine etnografica che avesse un forte legame con la contemporaneità, volta a indagare abitudini alimentari e a prospettare eventuali soluzioni.
Sono nati così lavori dai titoli e dai contenuti interessanti e attuali:
Studio sul fenomeno ‘doggy bag’ di Gianluca Ciotti (fenomeno osservato sia dalla parte della ristorazione che dei clienti).
Starbucks: l’impatto del colosso americano sulle abitudini culturali italiane legate al consumo di caffè di Flavia Previtera, Francesca Fiore, Flavia Schiano e Irene De Rossi.
Quali insetti nel menù: preferenze individuali in diverse situazioni sociali di Simone Aprili, che indaga quanto il mercato e la cultura italiana sia pronta all’introduzione dell’entomofagia nella nostra dieta.
Ancora, nell’edizione milanese dello stesso master, ho chiesto agli studenti di formare gruppi di lavoro e di creare un prodotto (e la relativa campagna di comunicazione) tenendo in considerazione fattori come le prescrizioni alimentari religiose e specifici ambiti geografici e etnici.
Si trattava, per esempio, di portare il latte di origine animale in Cina in ogni sua declinazione (formaggi, dolci, ecc.), creare un olio kasher per il mercato israeliano o un vino per il mondo islamico.
Situazioni al limite ma ottime esercitazioni per riflettere e confrontarsi con l’idea di quanto il mondo dell’alimentazione, sia sotto il profilo culturale sia di marketing, chieda una preparazione in grado di confrontarsi con un mercato che combacia ormai con tutto il mondo, scenario che ha portato le imprese a competere in un’arena assai più ampia.
Tutto ciò impone alle aziende di ripensare e riprogettare costantemente le strategie di business, che sempre più valicano le frontiere politiche e culturali dei paesi in cui le aziende hanno sede.
Nell’economia mondiale i confini nazionali tendono sempre più ad avere un ruolo ridotto, come elemento di demarcazione dello spazio economico.
Oggi il capitale umano (gli individui, dai fornitori ai consumatori) e le risorse sono internazionali e multiculturali; il business include risorse, materiali, prodotti e competenze che provengono da più paesi e sistemi sociali. È quindi essenziale conoscere in profondità l’ambiente culturale di riferimento che è appunto cangiante, a differenza delle questioni amministrative, legali o finanziarie, che se differiscono da paese a paese, sono comunque facilmente comprensibili e comunicabili nel business internazionale.
Mondo senza Confini Geografici
È questa una realtà che troviamo anche nella ristorazione, grande e piccola. Basta osservare il lavoro di una brigata, che sempre più contiene al suo interno persone di etnie diverse che vanno armonizzate tra di loro, trasformando la multiculturalità in un valore di impresa.
Consiglio di lettura
Il bellissimo lavoro dell’antropologo Gary Alan Fine Kitchens: The Culture of Restaurant Work. Permette di esplorare come i ristoranti realmente funzionino, sia individualmente sia come parte di una cultura culinaria più grande.
Il tema della ristorazione collettiva e della multiculturalità è poi centrale in questi tempi: servizi di ristorazione come bar, self-service, mense aziendali, asili, scuole e ospedali, inseriti in contesti multietnici, non possono rimanere indifferenti davanti alle evidenti diversità culturali e devono sempre più mettere in atto strategie che tengano conto delle esigenze specifiche delle varie etnie, in particolare delle prescrizioni religiose.
Rispettare le norme alimentari dettate dalla fede e aprire le porte alle cucine etniche è il primo passo per rendere possibile, nella quotidianità, l’integrazione sociale di soggetti stranieri nel nostro paese. Multiculturalità come strumento di conoscenza e di integrazione.
Ingredienti di Event Marketing
Consiglio di creare nei vostri ristoranti eventi enogastronomici che abbiano realmente un’anima legata alla cultura alimentare, dove il cibo non è solo una scusa per vendere ma soprattutto veicolo di conoscenza di un patrimonio geografico, artigianale e storico che va a riassumersi in un vino, un prodotto o una ricetta.
Vi porto a esempio alcuni eventi da me organizzati, inseriti in una cornice che ha toccato i temi della bellezza, del gusto, del sapere e … della comunicazione.
A Cena con gli Ottomani e Antiche Vie, Antichi Sapori hanno usato l’alimentazione per far conoscere e promuovere un territorio, la sua storia e la capacità di dialogare con il mondo contemporaneo, attivando delle vere e proprie campagne social con il costante aggiornamento sullo “stato dei lavori” tramite Social Hub dedicati.
Delle vere e proprie sfide che mi hanno fatto comprendere quanto sia necessario dare a eventi del genere quella terza dimensione che troppo spesso manca, rendendo semplicemente storico quando va bene e banale se va peggio una manifestazione.
La cultura e le dinamiche generate quando siamo seduti a tavola sono tridimensionali, complesse e per questo affascinanti.
Finisce qui il lavoro di un’antropologa dell’alimentazione? No, in un mondo vasto come il cibo non si smette mai di imparare e osservare. Personalmente penso che il legame tra alimentazione e salute sia uno dei temi più importanti a cui dare spazio e attenzione, come ha giustamente sottolineato anche l’ultima edizione di Identità Golose.
Tenendo presente questa etica di fondo c’è un viaggio da compiere, lungo e difficile, ma al quale vale la pena partecipare. In fondo è il modo di contribuire a questo mondo, con un nostro verso.
Conclusioni
Confessiamo che l’articolo di Lucia Galasso ci ha commosso, sia per la qualità del contenuto sia per la dovizia di informazioni, secondo noi, utili ai ristoratori che sono state fornite. Ritieni che ti sia stato utile? Pensi che i principi e gli spunti qui esposti possano essere utile per la quotidianità del lavoro nella tua cucina, ma anche per le relazioni interne ed esterne del tuo ristorante?
Per approfondire l’argomento, raccontare il tuo concetto di tradizione e/o di contaminazione, commenta oppure poni la tua domanda al nostro esperto.
Articoli correlati:
- Come Monitorare Online la Brand Reputation del Tuo Ristorante – Sara Caminati
- 7 Consigli Pratici per Far Notare il Tuo Ristorante su Facebook – Veronica Gentili
- Sfrutta i Social Media per Offrire un Servizio Clienti sempre al Dente – Paolo Fabrizio
- Presentazione Libro Ingredienti Digital Marketing Ristorazione – Nicoletta Polliotto
- Promuovi l’Unicità del Tuo Ristorante con il Social Advertising – Leonardo Bellini
- Ingredienti di Digital Marketing per la Ristorazione – Nicoletta Polliotto, Luca Bove